La
politica estera della Repubblica Italiana, da sempre asservita
all'imperialismo americano, dopo il 4 marzo, rimarrà ancora tale.
72
anni di servitù coloniale continueranno imperterriti.
Analizziamo
il perché.
Se
dovesse vincere il centrodestra, l'Italia proseguirà nell'ambito di
un atlantismo sempre più sfrenato.
Non
facciamoci impressionare dalle dichiarazioni di Berlusconi sulla
presunta revoca delle sanzioni alla Russia quando la sua coalizione
sarà al governo.
Il
centrodestra, per definizione, nacque, infatti, nel 1994 su
impulso dell'allora presidente degli Stati Uniti Bill Clinton.
Berlusconi
fu insignito nel novembre del 1993 del ruolo di premier. E si sa,
in Italia, se vuoi diventare premier, devi chiedere il permesso al
“capo” seduto oltreoceano.
Da
quel poco che ho letto, Antonio Giangrande, fa una
ricostruzione in parte veritiera sulla discesa in campo dell'ex
cavaliere sul suo libro “TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE
MANI SPORCHE DI MANI PULITE”.
Giangrande
sostiene giustamente ed implicitamente, infatti, che l'interferenza
americana nelle elezioni italiane del 1994, abbia avuto lo scopo di
scardinare la vecchia classe politica e di proporne una nuova, di
tipo “più americano”, che abbia avuto lo scopo di scardinare il
sistema politico italiano e di proporne uno di tipo “più
americano”, e, soprattutto, che abbia avuto lo scopo di porre
“uomini fidati” in Italia che non mettessero mai in discussione
l'ineluttabile alleanza atlantica.
L'identikit
perfetto di questo personaggio, era Silvio Berlusconi.
Da
quanto testé scritto, è evidente di come il centrodestra, nato
sotto la spinta americana, sia la massima espressione, in Italia, del
più “asintotico” atlantismo.
Prova
ne sia che, in ambito NATO, in Parlamento, abbia sempre fatto un
“voto favoreggiatore”, abbia sempre sostenuto le missioni di
“pace” (!?) all'estero degli americani, e, soprattutto, ne abbia
sostenuto sempre le guerre, dal Kosovo, all'Afghanistan, all'Iraq, e,
non ultima, con buona pace dell'ex cavaliere e della sua presunta
contrarietà (se ne faccia una ragione!), anche la guerra in Libia.
“L'amicizia”
con Putin, inoltre, ha il duplice scopo, a mio modo di vedere, di
dimostrare all'opinione pubblica italiana di non essere così servile
all'impero-Usa, come è in realtà all'ennesima potenza, e, di
cercare di raccogliere più voti possibili, vista l'ammirazione,
nonostante la martellante campagna mediatica contraria, che molti
italiani hanno per il presidente russo.
Il
centrosinistra, da parte sua, dopo la “lezione” (batosta!) del
1994, capì, che, se voleva vincere le elezioni nella
“colonia-Italia”, doveva “addivenire a più miti consigli”
sull'importante argomento della politica estera.
Da
qui “la rincorsa” al centrodestra sulla NATO. Da qui l'appoggio
agli interventi militari ed alle missioni di “pace” (!?). Da qui
l'appoggio incondizionato a tutte le “proposte democratiche”, o
per meglio dire alle imposizioni dall'alto, di Washington in
ambito di politica estera e militare.
Il
M5S, infine, dopo una partenza “NATO-scettica”, anche lui conscio
del fatto che per vincere le elezioni in Italia ci sia bisogno del
placet americano, ha virato, dichiaratamente, verso posizioni più
“accondiscendenti”.
Prova
ne siano i viaggi di Di Maio negli Usa e le continue visite di
esponenti del M5S all'ambasciata statunitense a Roma.
Come
si può notare, la politica estera italiana, con buona pace di chi
spera come me e come tanti altri che cambi, non muterà di un
millimetro dopo il 4 marzo.
L'Italia
è infatti una colonia dell'impero-Usa.
È
l'impero che decide, con le sue ingerenze nel nostro Paese, chi debba
vincere le elezioni.
È
sempre stato così.
La
Cia, tra l'altro, ha sempre finanziato tutti i principali partiti di
governo della cosiddetta prima repubblica.
E
l'impero, anche questa volta, deciderà chi vincerà le prossime
Politiche del 4 marzo.
È
ineluttabile.
D'altra
parte le ingerenze americane nelle elezioni, avvengono, praticamente,
in tutti i 200 circa Paesi del mondo.
Russia
compresa.
Prova
ne siano i continui finanziamenti agli oppositori di Putin e le
continue ingerenze mediatiche in territorio russo.
Detto
ciò, non sottovalutate la politica estera. Essa, in una colonia come
l'Italia, è la vera cartina al tornasole del cambiamento che un
partito o un movimento propongono in politica interna. Solo cercando
di distaccarsi dalla “casa-madre” in politica estera si possono
tentare di cambiare le politiche e le tematiche di governo nel
proprio territorio.
Solo
per fare un esempio, solo distaccandoci in politica estera
dall'impero avremo una politica interna in cui si stoppano le
privatizzazioni, che servono per far acquistare i nostri asset ed i
nostri “gioielli di famiglia” di Stato ai nostri “alleati”
(presunti tali!), ed una politica interna in cui il mercato del
lavoro non sia precarizzato, per favorire, con la scusa della
(presunta!) “flessibilità”, le grandi multinazionali estere
sempre dei nostri “alleati” (presunti tali!) nel nostro
territorio (vedi Apple, Carrefour, Vodafone,
et cetera, et cetera!).
Infine,
essendo
io molto patriota,
non riesco e
non riuscirò mai a sopportare frasi come questa: “Vecchia
Europa e nuova Europa. Non significate nulla, non siete nulla. Siete
una colonia americana. Ritirate le vostre bandiere, esponete quella
americana e riconoscete il vostro status coloniale. Siete una
destinazione turistica esotica. È
l’unica cosa che siete in grado di fare.“
(Scott
Ritter, ex capo ispettore degli armamenti per le Nazioni Unite,
Ufficiale dei Marines
durante la prima Guerra
del Golfo)
Ma
comunque, non vi preoccupate… anzi, fatevene una ragione! La
politica estera italiana dopo il 4 marzo non cambierà al 100%.
E,
per questo motivo, neanche quella interna…
Arnoldo
Folino