Il
tema del lavoro è sempre più centrale nella politica nazionale e
non.
In
Italia non si parla d'altro.
Le
cause del “problema-lavoro” pur tuttavia vanno indietro nel tempo
molto più di quanto ci si aspetti.
Facciamo
un'attenta analisi.
Le
costituzioni socialiste post Seconda Guerra Mondiale dei Paesi
europei, italiana in primis, fortunatamente, sottolineo
fortunatamente, hanno fatto sì che prendesse corpo in maniera
inequivocabile il concetto di “ascensore sociale”.
Il
figlio di un contadino, cioè, può diventare anche medico o
magistrato.
Tutto
ciò è una cosa bellissima.
Senza
discussione alcuna.
Pur
tuttavia ha generato nella popolazione una tendenza ad aspirare a
professioni sempre più prestigiose, a discapito di quelle che
vengono definite, a torto, professioni minori.
Sempre
meno gente vuole fare il netturbino, o l'uomo che raccoglie
l'immondizia.
Sempre
più gente vuole fare il medico o il dentista o il veterinario.
Da
qui la volontà di porre in molte facoltà il numero chiuso, e di
proporre quest'ultimo, per esempio, per altre facoltà come
Giurisprudenza.
Da
qui la volontà di modificare le costituzioni socialiste europee.
Non
ultimo il tentativo un anno e mezzo fa in Italia con la riforma del
governo Renzi, fortunatamente non andato a buon fine.
Da
qui l'esigenza di avere ogni anno circa 150'000 migranti in più per
far fare loro i lavori che gli italiani non vogliono fare più, come
raccogliere pomodori, arance, ed altri prodotti agricoli per
tantissime ore a pochissimi euro al giorno, senza alcuna tutela
sindacale o sanitaria, in condizioni di assoluta schiavitù.
Da
qui l'esigenza di “rendere flessibile” il mondo del lavoro, cioè,
più realisticamente parlando, di renderlo precario: meno posti fissi
significa maggiore possibilità di fare lavori diversi, che,
altrimenti, non verrebbero neanche presi in considerazione.
Da
qui la volontà di ritornare ad una “scuola classista” e di avere
la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro” dove la maggior parte
degli studenti dovrà essere inserita nel mondo del lavoro come tanti
piccoli robot senza avere un'istruzione adeguata, mentre la restante
piccola parte di loro avrà l'opportunità di proseguire gli studi.
Conseguenza
di ciò è il sempre più continuo svuotamento delle università.
Paradossalmente,
in questo modo di vedere il mondo del lavoro, infatti, non conviene
avere troppi laureati.
Tutti
questi concetti sono perpetrati insieme, all'unisono, da molti anni,
con lo scopo di riempire le “caselle vuote” di quei lavori che,
ripeto, gli italiani non vogliono fare più, di eliminare i privilegi
del cosiddetto “posto fisso”, e, soprattutto, porre un argine al
cosiddetto “ascensore sociale”, visto come fumo negli occhi da
tutti i politici nostrani e non.
Per
i politici italiani, tutti, da circa 30 anni, le soluzioni sono
queste.
Vi
sembrano etiche?
Vi
sembrano lungimiranti?
Naturalmente
no.
La
vera soluzione è un'altra.
Per
esporla devo prendere a prestito un aforisma, quanto mai
“illuminato”, del Dalai Lama:
“Quello
che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che
perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per
recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di
vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il
presente, né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e
muoiono come se non avessero mai vissuto.”
Il
lavoro, come dice il Dalai Lama, occupa gran parte della nostra vita.
Forse
troppa.
L'uomo
ha bisogno di lavorare.
Deve
avere uno scopo per cui vivere. Deve avere un obiettivo.
Pur
tuttavia deve pensare al presente, deve essere libero, deve
goderselo.
Quale
soluzione migliore se non quella di lavorare non più di 10-20 ore
settimanali?
Si
moltiplicherebbero i posti di lavoro. E, soprattutto, l'uomo sarebbe
libero di poter pensare alla propria vita privata, ai propri affetti,
alla propria famiglia, alle proprie relazioni, ai propri interessi,
volgendosi all'attimo stesso che vive, e fruendo e gioendo di esso.
L'uomo
raggiungerebbe il massimo benessere psico-fisico.
Non
solo, con le nuove tecnologie, i lavori che non vogliamo fare più
sarebbero svolti dalle macchine.
Mai
come oggi i progressi tecnico-scientifici possono aiutarci nel mondo
del lavoro: le macchine viste non come “ladre di lavoro”, ma come
opportunità di lavorare.
Di
lavorare in maniera “etica” e “felice”.
Io
credo che questa sia la nuova frontiera del mondo del lavoro.
Il
futuro andrà sicuramente in questa direzione.
Nel
futuro, il lavoro sarà etico e felice.
Finalmente,
cioè, “il lavoro ci renderà liberi”!
Arnoldo
Folino