giovedì 26 aprile 2018

“IL LAVORO RENDE LIBERI” (O ALMENO DOVREBBE…)



Il tema del lavoro è sempre più centrale nella politica nazionale e non.
In Italia non si parla d'altro.
Le cause del “problema-lavoro” pur tuttavia vanno indietro nel tempo molto più di quanto ci si aspetti.




Facciamo un'attenta analisi.

Le costituzioni socialiste post Seconda Guerra Mondiale dei Paesi europei, italiana in primis, fortunatamente, sottolineo fortunatamente, hanno fatto sì che prendesse corpo in maniera inequivocabile il concetto di “ascensore sociale”.
Il figlio di un contadino, cioè, può diventare anche medico o magistrato.
Tutto ciò è una cosa bellissima.
Senza discussione alcuna.
Pur tuttavia ha generato nella popolazione una tendenza ad aspirare a professioni sempre più prestigiose, a discapito di quelle che vengono definite, a torto, professioni minori.
Sempre meno gente vuole fare il netturbino, o l'uomo che raccoglie l'immondizia.
Sempre più gente vuole fare il medico o il dentista o il veterinario.




Da qui la volontà di porre in molte facoltà il numero chiuso, e di proporre quest'ultimo, per esempio, per altre facoltà come Giurisprudenza.

Da qui la volontà di modificare le costituzioni socialiste europee.
Non ultimo il tentativo un anno e mezzo fa in Italia con la riforma del governo Renzi, fortunatamente non andato a buon fine.

Da qui l'esigenza di avere ogni anno circa 150'000 migranti in più per far fare loro i lavori che gli italiani non vogliono fare più, come raccogliere pomodori, arance, ed altri prodotti agricoli per tantissime ore a pochissimi euro al giorno, senza alcuna tutela sindacale o sanitaria, in condizioni di assoluta schiavitù.

Da qui l'esigenza di “rendere flessibile” il mondo del lavoro, cioè, più realisticamente parlando, di renderlo precario: meno posti fissi significa maggiore possibilità di fare lavori diversi, che, altrimenti, non verrebbero neanche presi in considerazione.

Da qui la volontà di ritornare ad una “scuola classista” e di avere la cosiddetta “alternanza scuola-lavoro” dove la maggior parte degli studenti dovrà essere inserita nel mondo del lavoro come tanti piccoli robot senza avere un'istruzione adeguata, mentre la restante piccola parte di loro avrà l'opportunità di proseguire gli studi.
Conseguenza di ciò è il sempre più continuo svuotamento delle università.
Paradossalmente, in questo modo di vedere il mondo del lavoro, infatti, non conviene avere troppi laureati.






Tutti questi concetti sono perpetrati insieme, all'unisono, da molti anni, con lo scopo di riempire le “caselle vuote” di quei lavori che, ripeto, gli italiani non vogliono fare più, di eliminare i privilegi del cosiddetto “posto fisso”, e, soprattutto, porre un argine al cosiddetto “ascensore sociale”, visto come fumo negli occhi da tutti i politici nostrani e non.

Per i politici italiani, tutti, da circa 30 anni, le soluzioni sono queste.

Vi sembrano etiche?

Vi sembrano lungimiranti?

Naturalmente no.

La vera soluzione è un'altra.
Per esporla devo prendere a prestito un aforisma, quanto mai “illuminato”, del Dalai Lama:
Quello che mi ha sorpreso di più negli uomini dell’Occidente è che perdono la salute per fare i soldi e poi perdono i soldi per recuperare la salute. Pensano tanto al futuro che dimenticano di vivere il presente in tale maniera che non riescono a vivere né il presente, né il futuro. Vivono come se non dovessero morire mai e muoiono come se non avessero mai vissuto.”
Il lavoro, come dice il Dalai Lama, occupa gran parte della nostra vita.
Forse troppa.
L'uomo ha bisogno di lavorare.
Deve avere uno scopo per cui vivere. Deve avere un obiettivo.
Pur tuttavia deve pensare al presente, deve essere libero, deve goderselo.





Quale soluzione migliore se non quella di lavorare non più di 10-20 ore settimanali?
Si moltiplicherebbero i posti di lavoro. E, soprattutto, l'uomo sarebbe libero di poter pensare alla propria vita privata, ai propri affetti, alla propria famiglia, alle proprie relazioni, ai propri interessi, volgendosi all'attimo stesso che vive, e fruendo e gioendo di esso.
L'uomo raggiungerebbe il massimo benessere psico-fisico.
Non solo, con le nuove tecnologie, i lavori che non vogliamo fare più sarebbero svolti dalle macchine.
Mai come oggi i progressi tecnico-scientifici possono aiutarci nel mondo del lavoro: le macchine viste non come “ladre di lavoro”, ma come opportunità di lavorare.
Di lavorare in maniera “etica” e “felice”.

Io credo che questa sia la nuova frontiera del mondo del lavoro.
Il futuro andrà sicuramente in questa direzione.

Nel futuro, il lavoro sarà etico e felice.

Finalmente, cioè, “il lavoro ci renderà liberi”!








Arnoldo Folino

“PENSIERI MARZOLINI” (SUL GIORNALISMO)

Non mi stancherò mai di ripeterlo, i mass media sono la più grande arma di distruzione di massa. La riprova l'abbia...