Se
fino alla prima metà degli anni '90 compresi si doveva infondere che
il mondo fosse bello a prescindere in contrapposizione ad un altro
tipo di mondo, quello ad Est, oggi, dopo la "vittoria"
(presunta tale) del capitalismo, la musica, la cinematografia, la Tv,
la letteratura ed i media in genere, impongono "scientificamente"
una visione "decadentista" e pessimista:
ovverosia "che l'uomo debba essere soddisfatto di ciò che ha e
che vive, perché non può esistere un mondo migliore di quello che
ha di fronte".
In
pratica, ciò che passa per mezzo dei media è che “meglio di così
non si può stare”, che “questo è il migliore dei mondi
possibili dove vivere”.
La
"sfortuna inventata” dei protagonisti dei format mediatici del
nuovo millennio, serve, come una sorta di riscatto interiore, sociale
ed economico dello spettatore/ascoltatore, proprio a tale scopo. Le
frasi che il popolo si sente dire inconsciamente a se stesso alla
visione di siffatti “programmi decadentisti” e dei loro
“protagonisti a loro volta decadentisti” sono del tipo: "ah...
lui sta peggio di noi"; "ah, lui è "sfortunato",
ma noi, con quel poco che abbiamo, riusciamo a godere di una vita
“discretamente felice”"; "ah, "quanti problemi"
ha lui, noi stiamo molto meglio! Noi rispetto a lui ce la spassiamo,
quello che viviamo è un mondo bellissimo!".
Questa
"decadenza mediatica", accompagnata da un “benessere
generalizzato”, e da “un'euforia collettiva imperante”, hanno
puntellato ed hanno assestato nella mente della gente un mondo
decisamente ed oggettivamente brutto fatto passare al contrario per
buono; infine sia questo “benessere generalizzato”, che questa
“euforia collettiva e contagiosa” insieme al decadentismo
mediatico “giustificante”, condiscono questo mondo di
“un'aria di mutazione o di cambiamento” mai avvenuti.
Naturalmente
quanto appare è obiettivamente ed oggettivamente falsissimo: il
mondo non è mai cambiato, non è cambiato per niente negli ultimi
anni, ed è anzi molto ma molto peggiorato rispetto a prima.
Anzi,
il fatto che la gente creda che qualcosa sia cambiato in meglio, il
contrario del concetto stesso, pregiudica in maniera definitiva la
loro visione del mondo a loro circostante.
La
“ciliegina sulla torta” finale di questo scenario a dir poco
apocalittico, è che chi denuncia questa realtà, viene visto come
una sorta di "perdente-sfortunato-visionario-pessimista-irrealista",
quando invece sarebbero proprio costoro, in numero purtroppo molto
esiguo all’interno della società, a vedere la realtà in maniera
tangibile ed oggettiva, e soprattutto con grande ottimismo: “No,
non può essere questo il migliore dei mondi possibili! Il mondo può
e deve migliorare veramente, e sarà nettamente e veramente più
bello e più etico di quello che viviamo oggigiorno e che rappresenta
la bruttura e l’anti-etica più assoluta!”.
Naturalmente
“la massa informe indistinta, indistinguibile, che non
distingue”, non riuscirà ancora per lungo tempo ad accorgersi
di ciò.
Si
potrà dare inizio al cambiamento vero e reale del mondo circostante
solo quando l'uomo medio si accorgerà in maniera netta e
coscienziosa che nulla è cambiato, niente è migliorato, e che
nulla potrà mai cambiare o migliorare nel breve.
Finché l'uomo medio non si accorge e prende coscienza cioè del suo
stato illusorio, che rende lui di fatto veramente
"perdente-sfortunato-visionario-pessimista-irrealista” al
cospetto di chi invece saggiamente valuta la realtà circostante con
il dovuto e necessario realismo, e lo speranzoso ottimismo di tendere
e di puntare verso una maniera di vivere più etica e più bella,
cioè finché l’uomo medio non prende coscienza del realismo e
dell’ottimismo del saggio nel valutare in maniera esatta la società
e l’umanità, il mondo non potrà mai cambiare.
Il
“protagonista sfortunato" delle vicende mediatiche che
riscatta a livello interiore, nella società ed economicamente l'uomo
medio serve da giustificazione ad un qualcosa che ha bisogno di
essere sostenuto: se il riscatto del capitalismo fino alla prima metà
degli anni '90 era un mondo esterno ad esso, ora, per autonutrire la
sua esistenza, si affida alle vicende di “protagonisti sfortunati".
Lo scopo del “protagonista sfortunato” è “abbellire” il
mondo circostante, e, financo, l’uomo medio ai suoi stessi occhi.
Non
è un caso, per esempio, che i quiz in Italia siano passati da format
come “Rischiatutto” e “Telemike” a format come il “Quiz
Show”, “Chi Vuol Essere Milionario” ed “epigoni”: mentre
nei primi due esempi di quiz il concorrente veniva visto come un
"mostro" preparatissimo nel suo argomento, al quale veniva
anche perdonato l’errore, nei secondi esempi, il concorrente viene
visto come un uomo normale, esattamente come l'uomo medio che esso
stesso spettatore rappresenta, e gli errori dei concorrenti vengono
visti come una sorta di riscatto interiore e sociale del proprio
essere e della propria esistenza di uomo medio. Lo stesso discorso di
può calare al Grande Fratello, e a tutti i reality nati dalla
seconda metà degli anni ‘90 in poi, proprio quando venne a mancare
il “riscatto fisico” del blocco sovietico: le “vicende
sfortunate" dei protagonisti di questi format, condite dai
soliti buoni sentimenti a buon mercato tipici della
propaganda capitalista, come compassione,
commiserazione, pietismo, riscatto, servono anch'esse come
“revanche” per l'uomo medio: i reality vari, i nuovi
format televisivi basati su eventi di vita reale e vissuta, i nuovi
format di quiz ed i nuovi format televisivi in genere, dove il/la
protagonista è una storia vera, magari all’inizio sfortunata, ma
con un lieto fine da raggiungere o raggiunto giustappunto alla fine
(guarda caso!!!!) della storia stessa, fanno dire inconsciamente allo
spettatore/ascoltatore/uomo medio, senza che lui se ne accorga, a se
stesso: "ah, io sto meglio di lui, e, soprattutto, sono meglio
di lui, ultimamente ho qualcosa di buono nel portafoglio e vivo in un
periodo euforico: il mondo è bello, è cambiato, non deve
cambiare da come è in questo momento e vale la pena di continuare a
viverlo così!”.
Naturalmente
è FALSISSIMO!
Le
"vicende decadenti e sfortunate" del capitalismo mediatico
hanno preso il posto, come riscatto sociale, economico ed interiore,
del vecchio ed ancestrale "nemico ad Est" non più
esistente. "Vicende decadenti e sfortunate", ripeto,
accompagnate sempre dai "classici buoni sentimenti capitalisti"
a buon mercato: non è un caso che ciò che negli anni '80, in
pienissimo periodo di “Yuppies” e di “Milano da bere”,
risultava assolutamente stonato, oggi è la prassi: Bebe Vio e
Zanardi, loro malgrado, volenti o nolenti, consci o inconsci,
rappresentano in pieno un mondo fatto di “vicende sfortunate che si
riscattano”, imbibite dei più “ipocriti e falsi buoni
sentimenti fasulli capitalisti”: tutto ciò rappresenta
innanzitutto l'illusione di un mondo buono ed etico assolutamente
inesistente, e, in secondo luogo, il riscatto dalle sconfitte
quotidiane dell'uomo medio abituato a perdere e a stare male nella
vita, che vede, per esempio, nei due protagonisti paralimpici, la
visione della possibilità crudele e cinica di stare meglio di loro,
nonostante i loro "successi". “Successi” scritto
rigorosamente tra virgolette: non so fino a che punto, infatti, si
possano definire “successi” le vittorie degli atleti paralimpici
e dei due atleti in questione in particolare! L’unico successo
esistente non lo vivono né gli atleti paralimpici, costretti ad
inseguire vittorie sportive per dare un minimo senso di felicità
alla loro vita, né, meno che meno gli spettatori di quegli eventi
sportivi che guardano a quegli stessi atleti con il cinismo e la
crudeltà neanche troppo inconscia di chi si vuole riscattare dalle
sconfitte della vita quotidiana, ed in questo caso le persone sono
assolutamente “normali”, “normali di nome e di fatto!”.
L’unico
successo lo vive chi da più di cinque lustri propone a tappeto sui
mass media l’esaltazione della mediocrità, a volte dovuta
purtroppo a menomazione fisica, a volte dovuta, in questo caso senza
alcuna giustificazione di sorta, a comportamenti sciocchi e stupidi,
in maniera tale da creare, nella mente dell’astante retropensieri
inconsci cinici e crudeli del tipo: "noi siamo fortunati, cara
Bebe Vio, abbiamo gli arti, stiamo meglio di te, passeggiamo e
saltelliamo tutto il giorno nel parco con le nostre gambe, siamo
contenti per le tue vittorie e per il tuo riscatto dalla tua vita di
m**da! Questa cosa ci rende anche felici, da un lato viviamo certi
che c’è qualcuno che sta molto peggio di noi, dall’altro ci
“purifichiamo la nostra coscienza” nel vedere il “bene
(?!?!?!?!?) trionfare” con un’atleta paralimpica che vince
competizioni sportive internazionali!”.
In
sintesi, le "fortune" degli SFORTUNATI
atleti paralimpici, sempre più esaltati e sempre più
mediatici, i concorrenti dei quiz "umani" e "fallaci",
i concorrenti dei reality "sfortunati" e "sciocchi",
i film al cinema sempre più riferiti a PRESUNTE "storie vere"
di riscatto e piene di buoni sentimenti e di
tanta compassione a buon mercato, rappresentano, nel
decadentismo imperante dei media, dalla seconda metà degli anni '90
in poi compresi, quello che fino ad allora era rappresentato dal
"nemico ad Est": in pratica il
capitalismo, per continuare la sua esistenza, ha bisogno di un
qualcosa che serva per giustificare la sua evidente follia.
E
cosa c'è di meglio, per giustificare il capitalismo agli occhi
dell'uomo medio, che un riscatto sociale ed interiore per l’uomo
comune in maniera tale che egli dica a se stesso: "ah, lui sta
peggio di me, io sono meglio di lui, il mondo è bello ed etico
perché "aiuta" e "sostiene" l’atleta
paralimpico di turno, ed io, più felice di lui, mentre a differenza
di lui saltello e “corricchio” per il parco, mi lavo pure la
coscienza e vedo ciò che mi circonda con un occhio diverso da quello
con cui dovrei vedere realmente tale mondo!”?
Il
capitalismo fa di tutto per non mutare lo stato delle cose MAI
MUTATO, facendo credere al proprio uomo medio, illudendolo, il
contrario di ciò che lui stesso è, dandogli l'illusione di essere
diverso dalla sua stessa condizione, anzi addirittura l’opposto di
quello che in realtà è, cioè di uomo
"perdente-sfortunato-visionario-pessimista-irrealista”,
facendogli persino credere, infine, che tutto ciò che vive sia molto
bello, anzi, addirittura, il meglio possibile!
Il
cambiamento, l’unica forma di cambiamento di questo mondo
oggettivamente pessimo, sta nella ottimistica e realistica presa di
coscienza collettiva della propria insipienza, del proprio stato di
inferiorità intellettiva, e della propria condizione di
sfortunati... per adesso, ANCORA TUTTI INCONSAPEVOLI.
Solo
allora, con la presa di coscienza collettiva, il mondo potrà
cambiare…
… e
potrà diventare quello che noi, con tutto il nostro ottimismo
possibile ed immaginabile vorremmo, e che ancora realisticamente e
assolutamente non c’è…
… cioè
un mondo etico, giusto, sano.
Arnoldo
Folino
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